UNICAL VOICE – Flashback di rimpatriata

Il Quotidiano del Sud
UNICAL VOICE – Flashback di rimpatriata

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Racconto di fantasia: tra notifiche indesiderate e ricordi scolastici, una semplice sera d’estate si trasforma in un tuffo forzato nel passato, tra nostalgie che graffiano e la consapevolezza di chi siamo diventati.


Sono le 19:00 di una nostalgica giornata di fine agosto. Me ne sto sulla spiaggia in pieno relax, godendomi gli ultimi giorni di vacanza con i miei amici di sempre e i nuovi colleghi universitari. Ridiamo, scherziamo, ci prendiamo in giro, quando all’improvviso ricevo una notifica: “347***** ti ha aggiunto nel gruppo”.

Con un sorriso scemo ancora stampato in faccia, apro la chat, ignara di quello che sto per vivere. Non appena leggo il nome del gruppo la mia espressione inizia a somigliare a quella di un soldato che ricorda il Vietnam.

“Rimpatriata di classe 😍”. Proprio quello che sognavo mentre sorseggiavo il mio spritz guardando il tramonto: un tuffo a bomba nei traumi scolastici.

I messaggi iniziano a scorrere. Primo: “Ragazzi, da quanto tempo! Come state? Io ero con Tizia su Corso Mazzini e pensavamo fosse una bella idea rivederci. Sono appena tornata da Milano, tra università e movida, voi che mi dite?”.
E io penso: “Pensa un po’ tu, Giuditta. Pensa un po’ tu che dovevi andare a riesumare stasera.”

Poi la catastrofe continua: “È già un anno che ci sopportiamo ahah” scrive uno che, giuro, ho visto qualche mese fa al Molto a fare il galletto con una matricola. Auguri e coraggio, soprattutto a lei.

Segue la bomba: “Io ne sopporto tre!” con allegata la foto di lei, il compagno, il figlio piccolo e un pancione. “Compà, ma sta pazziannu?” esclamo ad alta voce. È impossibile che abbiamo la stessa età. Io mi rifiuto di pensare che i miei coetanei già sposano e figliano. E in questo periodo poi, tra inflazione, guerra, femminicidi, omofobia… “Ma queste cose c’erano anche quando sei nata tu.” Sì, okay, ma proprio per questo!

Arriva anche lo scansafatiche: foto in Norvegia, didascalia minimal per sembrare misterioso, zero tracce di un lavoro.
E infine lei, la mitica “Prof, c’erano le pagine 15-16-17-18-19-20 da fare per casa”. Ora non lo dice più, ma è al terzo anno fuoricorso in triennale.

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