Il Quotidiano del Sud
UNICAL VOICE – I dialetti degli studenti: la Calabria si incontra all’Unical
Nei bar del campus, nelle aule e nei gruppi di studio, i dialetti e le lingue minoritarie diventano protagonisti e trovano spazio all’Unical.
“Cahè”, “cafè”; “cuddruriaddru”, “culluriellu”, “crispella”, “grispella”; “picciriddru”, “criaturǝ”, “figghiolu”. Sono solo alcune delle parole in dialetto che si sentono nei corridoi e nei parchi dell’Università della Calabria. Pronunciate con mille sfumature linguistiche e fonetiche diverse a seconda del paesino calabrese d’origine di chi le dice.
All’Unical, dove migliaia di studenti arrivano da ogni angolo della regione, le differenze linguistiche non si nascondono: si vivono, si ascoltano, si condividono. Nel campus si incontrano voci da Lamezia Terme, dove “muticatti” sostituisce il più comune “sbrigati”. Quelle di Corigliano-Rossano, dove “rivacher” si riferisce al verbo “svuotare”. Nel cosentino “scialare” vuol dire godersi la vita e la frase “va coja riganu ara scisa i Paola” è un modo per far capire a qualcuno che ci siamo arrabbiati e non vogliamo vederlo. Nel catanzarese, “mi sentu ‘mpazzutu” è un modo colorito ed euforico per dire che si è innamorati. A Davoli “a mala vanda ti nesciru i capìdi” è un modo simpatico per dire che hai preso una brutta piega. Nel reggino, invece, si sente spesso “mi suddiu” per indicare che non ci va di fare qualcosa, e “è ura u va u ti curchi” per dire che è ora di andarsene.
Nei bar del campus, nelle aule e nei gruppi di studio – tra una pronuncia calabrese settentrionale, caratterizzata dalla marcatura delle “d” e delle “l”, e una meridionale, con “t” e “p” prepotenti – il dialetto e le lingue minoritarie diventano protagonisti.
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